CORPO DICE BASTA! Fisiologia e neurologia dello stress e le ricadute sulla salute

Quando anche il corpo dice basta!

Fisiologia e neurologia dello stress e le ricadute sulla salute

La problematica dello stress e le sue ricadute patologiche ha importanti basi neurologiche.
Ne abbiamo parlato con Marina Pedimina, psicomotricista, terapeuta psico-corporea, responsabile del Centro Divenire.ch di Locarno.

MARINA PEDIMINA,
PSICOMOTRICISTA,TERAPEUTA PSICO-CORPOREA,
RESPONSABILE
DEL CENTRO DIVENIRE.CH
DI LOCARNO

La parola stress è certamente una delle più abusate del vocabolario corrente, soprattutto a causa dei cambiamenti degli stili di vita. Possiamo definire lo stress in termini medici?

La parola “stress” è oramai un termine ricorrente, al punto tale che la usiamo quasi quotidianamente. La definizione comunemente condivisa – come si legge nell’introduzione, ndr – è quella che ne diede nel lontano 1936 il medico endocrinologo Hans Selye; “Lo stress è la risposta biologica alle sollecitazioni ambientali, un adattamento fisiologico e indispensabile per rispondere alle stimolazioni esterne (gli stressor) che modificano l’omeostasi, l’equilibrio che permette all’organismo di sopravvivere. Il sistema dello stress entra in funzione per mantenere tale equilibrio, attraverso una serie di modificazioni fisiche e psichiche”.
Da questa definizione si deduce che qualsiasi stimolo esterno, potenzialmente, potrebbe essere uno stressor. Infatti ogni stimolo che arriva al nostro sistema altera l’omeostasi e l’organismo si prepara all’azione attraverso alcune modificazioni fisiologiche per tentare di ristabilire l’equilibrio interno.

Si parla anche di stress positivo e stress negativo, possiamo distinguere?

Non tutto lo stress è… stressante, nel senso che intendiamo generalmente. Nella vita quotidiana siamo costantemente sollecitati da stimoli che ci rendono attivi e produttivi. Questa situazione è definita eustress ed ha valenza positiva e adattiva. La gazzella che scatta per fuggire alla leonessa è in uno stato di stress acuto, il cuore batte velocemente, la pressione sanguigna aumenta, tutta una serie di funzioni fisiologiche sono alterate e tutto ciò per garantire l’affluenza immediata e sufficiente di energia ai muscoli e cercare di garantire così la sopravvivenza. Ecco un esempio di stress acuto adattivo e quindi positivo. Chi ha osservato attentamente, attraverso i magnifici documentari, che cosa fa la gazzella quando il pericolo è finalmente passato ha potuto constatare che la prima cosa che fa è scuotere tutto il corpo per togliersi di dosso le tensioni, per poi ricominciare a brucare in assoluta tranquillità. Per noi umani non è sempre così facile. Ci sono persone che riescono a gestire una mole di lavoro considerevole senza per questo sentirsi stressati, traendone al contrario soddisfazione e appagamento. Se però la quota di stimoli esterni oltrepassa la soglia individuale oltre la quale il sistema non riesce più a proteggersi, lo stress diventa cronico e assistiamo al fenomeno detto distress, dove l’organismo non è più in grado di ristabilire l’equilibrio naturale, ma vive in una situazione di perenne allarme, con percezione di continuo pericolo. Il sistema nervoso simpatico non dà più spazio al parasimpatico per ristabilire la necessaria tranquillità e tutto l’organismo vive in continua tensione, con grave rischio di contrarre disturbi sia fisici che psichici.

Parliamo di stress patologico: quali meccanismi neurobiologici provocano lo stress?

Da alcuni anni la scienza si è dotata di strumenti straordinari per osservare in tempo reale e in modo non invasivo che cosa succede nelle varie aree del nostro cervello e come queste interagiscono fra loro. Con l’ausilio della Risonanza Magnetica (MRI) e della PET (tomografia a emissione di positroni) oggi i neuroscienziati riescono a mostrarci in immagine che cosa succede ad alcune parti del cervello in situazione di stress. Hanno evidenziato come alcune strutture del nostro cervello più antico, detto sistema limbico (amigdala e ippocampo in particolare), abbiano un ruolo determinante nella risposta allo stress e come una comunicazione difettosa fra queste ed altre, situate a livello della corteccia (corteccia prefrontale in primis), possa provocare reazioni disadattive alle situazioni stressanti. Queste due strutture del sistema limbico influiscono sulla problematica dello stress; l’amigdala, che è di piccole dimensioni e situata in profondità nel lobo temporale mediale e svolge il compito di regolazione delle emozioni e in particolare della paura, e l’ippocampo, situato nella stessa zona dell’amigdala con funzioni relative alla memoria, all’apprendimento e alla rilevazione delle quantità di ormone dello stress presente nel sangue (cortisolo). È l’ippocampo dunque che modera la reazione del sistema, ma se l’amigdala percepisce che il pericolo è ancora presente manderà segnali all’ipotalamo di mantenere l’erogazione di ormoni, creando così una reazione a catena che porterà a una situazione di stress cronico con tutte le conseguenze del caso.

Come si distinguono lo acuto e quello cronico?

Lo stress acuto ha caratteristiche positive soprattutto per il fatto che è stimolante, favorisce l‘attivazione e, in casi estremi, può garantire la sopravvivenza (ricordiamo la gazzella). È stato appurato che, in alcuni casi, lo stress acuto può rafforzare il sistema immunitario. Quando però questo stato di cose persiste nel tempo, il disturbo diventa cronico e produce l’effetto contrario. La riduzione della risposta immunitaria, una delle molteplici conseguenze dello stress cronico, è sicuramente la più preoccupante e pericolosa perché espone la persona al rischio di contrarre malattie gravi e addirittura letali.

Quali sono le principali cause dello stress oggi?

Quando parliamo di stress, molto spesso, ci riferiamo al mondo del lavoro e alle sue condizioni sempre più difficili, pressanti, disumane che esso comporta.
Ma le occasioni di stress possono essere molteplici, quali la paura di  perdere il posto di lavoro, una separazione, la morte di un congiunto, la diagnosi di una malattia grave, una violenza subita, maltrattamenti durante l’infanzia, avvenimenti catastrofici e quant’altro.

Possiamo approfondire il concetto delle cinque fasi dello stress patologico?

Nelle situazioni di stress patologico si assiste ad un processo di peggioramento progressivo delle condizioni psico/fisiche della persona, che va dal semplice senso di stanchezza all’insorgere di gravi disturbi fisici e psichici.
Ecco quali sono le fasi:

1. Senso di affaticamento fisico o/e mentale, caratterizzato da mancanza di energia per affrontare la giornata e gli impegni lavorativi, ricorso eccessivo a sostanze stimolanti come caffè e alcolici nel tentativo di ricuperare le forze (auto-medicazione), peggioramento delle condizioni a fine giornata, disturbi del sonno (anche se si riesce a dormire discretamente non si riposa), peggioramento col passare dei giorni fino a serie difficoltà ad alzarsi al mattino.

2. Difficoltà nei rapporti sociali, fase caratterizzata da:

  • Tendenza all’isolamento, problemi nel rapporto con le altre persone.
  • Facile irritabilità, comportamento litigioso.
  • Tendenza a trasformare ogni minima difficoltà in un problema insolubile.
  • Peggioramento del senso di affaticamento.

3. Disturbi emotivi, una fase in cui si possono osservare:

  • Incremento degli aspetti aggressivi, che però tendono a essere rivolti verso se stesso e non più verso gli altri.
  • Insicurezza, confusione mentale e conseguente difficoltà nel prendere decisioni e effettuare delle scelte.
  • Sempre maggiore difficoltà nella regolazione emotiva, alternanza di stati depressivi e euforici (disturbo bipolare) che pregiudicano i rapporti sociali e l’efficienza sul lavoro.

4 . Dolori fisici cronici, fase che si caratterizza per l’insorgenza di dolori fisici, dovuti in parte alle rigidità muscolari in varie parti del corpo (tipiche quelle a livello delle cervicali, delle spalle, della schiena e della muscolatura del viso), emicranie, cefalee e quant’altro. È il campanello d’allarme più evidente che avverte che è arrivato il momento di prendersi seriamente cura del proprio stato.

5 . Patologie legate al distress, il punto del processo in cui ci troviamo di fronte ad un problema serio di “esaurimento”. La persona, avendo sottovalutato i segnali precedenti, si trova in una situazione di reale pericolo per la salute e perfino per la sopravvivenza. È oramai appurato che lo stress cronico indebolisce il sistema immunitario e quindi espone l’individuo al rischio di contrarre tutta una serie di malattie e disturbi che vanno dal semplice raffreddore alle influenze, alla difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, insonnia, diminuzione del desiderio sessuale, per arrivare a disturbi ben più gravi quali coliti, ulcere, asma, ipertensione arteriosa, danni cardiovascolari, infarto, malattie autoimmuni (S.M, S.L.A), eccetera.

Quali sono gli esami clinici che possono quantificare lo stress?

Gli esami clinici sono, in parte, quelli di routine di un check-up e cioè esami del sangue (per monitorare il tasso di presenza di noradrenalina che attiva il sistema simpatico), tensione arteriosa, colesterolemia, elettrocardiogramma e via di seguito. Indispensabile però è e restala possibilità di effettuare un controllo con un medico disponibile all’ascolto e che conosca lo stile di vita del suo paziente, che possa quindi meglio individuare eventuali situazioni a rischio di stress patologico non sempre di facile individuazione.

Una volta definito il fattore di rischio globale dovuto allo stress di un individuo, quali sono gli strumenti adatti a combatterlo?

Come per tutti gli aspetti riguardanti la nostra salute, la miglior cosa è la prevenzione. Detto così però potrebbe sembrare cosa semplice ma non lo è, almeno in molti casi, e per molte ragioni. Innanzitutto le condizioni di lavoro nella società attuale non sempre ci permettono (direi addirittura sempre meno) di occuparci come dovremmo della nostra salute perché impongono ritmi di lavoro sempre più serrati, livelli di produttività elevati e sussiste il rischio di licenziamento o di altri indesiderati provvedimenti se le richieste non vengono debitamente soddisfatte. Vi sono poi gli aspetti di valutazione personale dello stato di salute e dei rischi associati. Molto spesso le persone hanno tendenza a sottovalutare i segnali di allarme che il corpo e il cervello inviano loro.
Circa gli strumenti adatti a combattere lo stress, possiamo citare la meditazione, varie tecniche di rilassamento e di respirazione, massaggi mirati, attività fisica adeguata e altro. Vedremo in seguito in che modo queste tecniche agiscono sul sistema nervoso in particolare e di conseguenza sul fisico. Una volta si agiva principalmente sul piano psicologico, mentre oggi si sa che lo stress ha delle implicazioni sul sistema immunitario e sulla vita cellulare. In questo ambito esistono cure possibili? Se la situazione di stress cronico ha già prodotto uno stato di depressione importante, si può, come primo intervento, somministrare psicofarmaci mirati, che però dovranno essere seguiti da una psicoterapia adeguata. Ma, come abbiamo accennato in precedenza, con alcune tecniche come la meditazione, il rilassamento, lo yoga, ecc. si riescono ad ottenere risultati straordinari, per il fatto che, come dimostrato da recenti ricerche nel campo delle neuroscienze, questi approcci producono modificazioni neuro-biologiche nel sistema nervoso che influenzano in positivo il sistema di connessioni neurali e endocrino. Ricerche recenti sui ratti, hanno dimostrato quanto lo stress incida negativamente sul sistema immunitario. Dopo aver messo i ratti in uno stato di stress acuto si è somministrato loro un vaccino per verificare come avrebbe reagito il sistema immunitario.
Contrariamente ai ratti del gruppo controllo (non stressati) che hanno risposto in modo positivo producendo i necessari anticorpi, quelli stressati hanno prodotto una percentuale molto ridotta di anticorpi, cosa che li metteva a serio rischio di contrarre malattie gravi. Gli approcci cui abbiamo accennato in precedenza (meditazione, yoga…) hanno inoltre un effetto fondamentale, per quanto riguarda gli stati di stress, e cioè di favorire una maggior capacità di autoregolazione delle emozioni. Poter acquisire una maggiore abilità nella gestione delle emozioni (in particolare ovviamente quelle negative) favorisce la riduzione di cortisolo (ormone dello stress) con effetti positivi su tutto il metabolismo. La maggiorata capacità nell’autoregolazione delle emozioni è dovuta all’incremento dell’attività della corteccia prefrontale in particolare, che ha come funzione quella di tenere a bada l’attività dell’amigdala e quindi di mitigare i segnali di allarme eccessivi che sono responsabili dell’insorgere di fenomeni di stress cronico.

Parliamo del Disturbo post-traumatico da stress: qual’è la sua epidemiologia in una società comequella odierna e come si cura?

LA DINAMICA DELLA RISPOSTA FISIOLOGICA AL MECCANISMO DELLO STRESS

I primi studi sul Disturbo post-traumatico da  stress (PTSD) sono stati effettuati su veterani della guerra del Vietnam, che presentavano turbe psichiche importanti dovute all’esposizione a uno o più avvenimenti traumatici. Ovviamente la guerra non è l’unica realtà ad offrire situazioni potenzialmente traumatizzanti. Altri accadimenti violenti e catastrofici possono diventare generatori di PTSD, quali terremoti, incidenti gravi, violenze, abusi, lutti, attentati e quant’altro. Tutte situazioni in cui viene messa in pericolo la vita stessa, propria o delle persone care. Da ciò si evince che, in questi casi, ci troviamo di fronte ad un tipo di stress diverso da quelli trattati precedentemente. Contrariamente allo stress cronico-patologico, lo stress post traumatico è il prodotto di un avvenimentonimprovviso e di una violenza tale che il sistema nervoso non riesce a gestire e metabolizzare. Caratteristica della situazione di PTSD è la difficoltà di risituarsi nel tempo in modo adeguato. Come se il trauma violento avesse bloccato il tempo in un presente continuo scandito dalle immagini e sensazioni legate a quell’esperienza. Il trauma è sempre nel presente, è sempre ‘adesso’ e con tutta la carica emotiva di sofferenza, paura eccetera. Per quanto riguarda il trattamento del PTSD vi sono alcuni approcci che più di altri danno risultatipositivi e in tempi relativamente brevi.
Fra queste la Terapia Cognitivo Comportamentale, le Terapie Psico-Corporee e l’EMDR. Quest’ultima, da alcuni anni, si sta rivelando molto efficace nel trattamento del PTSD. EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing – desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). In breve, si tratta un metodo che consiste nell’utilizzo della stimolazione bi-laterale (movimenti oculari) e di protocolli specifici che hanno come obiettivo di permettere alla persona, affetta da PTSD, di rielaborare o i propri ricordi dell’evento traumatico, in modo da poter neutralizzare la carica emotiva che li accompagna ed eliminare così le ansie che hanno prodotto lo stress post traumatico.

Elisabetta Calegari